Sciatalgia: il sintomo più comune in tutti i pazienti, campanello di allarme che li porta a rivolgersi al medico di famiglia o allo specialista per questo, è un
dolore caratteristico, che compare gradualmente nella zona soggetta a infiammazione,
solitamente l’area tra anca e sottogluteo, e può diventare invalidante.
Una problematica piuttosto diffusa, di cui abbiamo parlato con il Dott.
Cosma Andreula, Specialista in Radiologia e Diagnostica per Immagini presso
Ospedale Santa Maria, a Bari, per capire le indicazioni al trattamento, farmacologico e chirurgico.
Cos’è la sciatalgia
La sciatalgia è una delle patologie che colpisce di più lavoratori e lavoratrici, ed è identificabile con il
dolore a un arto inferiore, prodotto generalmente da una patologia discale. Si immagina che circa l’80% della popolazione mondiale possa andare incontro, una o più volte nell’arco della vita, a un episiodio di dolore causato dal
nervo sciatico.
Si tratta di una problematica che può essere inizialmente gestita con la
somministrazione di antinfiammatori, e che possono permetterne la riduzione, ma di cui è necessario ricercare la causa, che in un’alta percentuale dei casi è dovuta all’ernia discale. Infatti il disco situato tra le due vertebre ha una funzione di ammortizzatore ma, come tutti gli ammortizzatori, può subire delle frequenti variazioni durante tutti i movimenti.
In alcune situazioni si può determinare la fuoriuscita del disco verso le radici nervose: il contatto determinerà l’infiammazione e, da questa, scaturitrà il dolore lombare, sciatalgico o cruralgico, a seconda della distribuzione negli arti inferiori.
Le indicazioni al trattamento
Ottenuta una diagnosi (generalmente con l’esecuzione di una Risonanza Magnetica) della presenza di un’ernia discale che risulti congrua con il dolore lamentato,
il primo approccio è medico, e il t
rattamento è sempre personalizzato, in base alla situazione e alle esigenze del paziente. Lo specialista prescrive di solito una terapia antinfiammatoria, che può comprendere anche cortisonici. Un intervento che prevede tempi relativamente brevi, non oltre i 10-15 giorni, per non rischiare di incorrere nelle conseguenze legate all’uso eccessivo di farmaci (come problematiche cardiovascolari, nel caso degli antinfiammatori).
Prima dell’intervento chirurgico, indicato sicuramente in caso di una progressiva perdita di forza di un arto, vengono valutate una serie tecniche interlocutorie che prevedono procedure interventistiche ormai in uso da 25 anni. Si tratta di trattamenti che hanno la funzione di
distruggere o ridurre la causa della sciatalgia e l’ernia. Prevedono l’introduzione di ago (sotto guida TC) all’interno dell’enia, con ozono per essiccare l’ernia o con ago per aspirarla. Così è possibile ridurre il volume dell’ernia e, di conseguenza, il contattato esercitato dell’ernia con la radice nervosa che ne risulterebbe infiatta.
Si tratta di procedure non alternative all’intervento chirurgico, che ha le sue indicazioni anche nel caso di fallimento di queste tecniche. Tuttavia
l’ozonoterapia e
l’aspirazione dell’ernia presentano una percentuale di successo relativamente alta. Nel 75% dei pazienti trattati si rileva un netto miglioramento della sintomatologia dolorosa, mentre nel restante 25% generalmente si procede con l’avvio alla terapia chirugica, in accordo con il medico chirurgo.